Completamente rivestito di legno antico di noce,
è occupato da una scala di sette gradini,
sull’ultimo dei quali una colonna in pietra,
dono della città d’Assisi, sorregge un cesto di melograni,
simbolo di fertilità.
Sulla scala due leoni di legno dorato e vari simboli religiosi
è occupato da una scala di sette gradini,
sull’ultimo dei quali una colonna in pietra,
dono della città d’Assisi, sorregge un cesto di melograni,
simbolo di fertilità.
Sulla scala due leoni di legno dorato e vari simboli religiosi
E' lo studio del poeta a cui l'accesso e' consentito attraverso una piccola porta che obbliga chi entra ad inchinarsi, gesto voluto da D'Annunzio per rendere omaggio all'arte che in quella sala nasceva. Nella stanza, la piu' luminosa della casa, si trovano ancora allineati sui vari tavoli di lavoro e sugli scaffali i manoscritti, i documenti e i volumi consultati dal poeta. Non mancano anche in questa stanza i calchi, fra tutti risalta il busto di Eleonora Duse coperto da un velo dallo stesso D'Annunzio che non voleva essere distratto dalla bellezza della sua musa ispiratrice.
E’ una delle stanze più affascinanti di tutta la casa, completamente rivestita alle pareti ed al soffitto da stoffe scure e preziose, per garantire una migliore acustica e una concentrazione ideale per gli ascoltatori, che assistevano ai concerti della pianista Luisa Baccara e del Quartetto del Vittoriale. Il tutto avveniva in un ambiente dominato da una decina di colonne sormontate da zucche di vetro di Murano illuminate dall’interno. La suggestione di questo ambiente è data dai numerosi strumenti musicali, dai ritratti e calchi di volti dei vari musicisti, nonché da una miriade di oggetti orientali.
E' la stanza di servizio che precede il reparto notte della casa, D'Annunzio l'abitava in diversi modi: spogliatoio, studiolo e negli ultimi anni si faceva servire pasti veloci e solitari per evitare che gli ospiti vedessero i problemi di masticazione che lo avevano colpito. L'armadio cinquecentesco contiene ancora i suoi abiti e, ad angolo, il ripostiglio dei farmaci di cui il poeta essendo ipocondriaco faceva largo uso. E' al tavolo della Zambracca che la sera del 1 Marzo 1938 il poeta muore per emorragia celebrale.
La sala da pranzo prende il nome dalla grande tartaruga ( in greco Khélys) in bronzo - collocata sul tavolo da pranzo come monito per gli ospiti - il cui guscio autentico apparteneva ad una tartaruga vissuta nei giardini del Vittoriale e morta per indigestione di tuberose. In stile art déco, la stanza fu progettata dall’arch. Maroni come parte del nuovo ampliamento della casa, lo Schifamondo. I colori dominanti nelle pareti e nel soffitto a volta sono il rosso, il blu, l’oro e il nero.
Bagno blu Dominata dal colore blu, la stanza da bagno contiene circa 900 oggetti preziosi. Le pareti sono ornate da mattonelle persiane, sul soffitto e' ripetuto il motto di Pindaro "Ottima e' l'acqua" e il pavimento e' ricoperto da tappeti orientali (usati dal poeta persino in riva al mare, per sdraiarsi in spiaggia e prendere il sole).
La stanza del lebroso è la camera predisposta nei minimi particolari, come sempre per Dannunzio, dove desiderava essere posto nelle ultime ore della sua vita e dopo la morte: il letto doveva avere la forma di una culla, ma essere stretto come una bara. I muri della stanza sono ricoperti di pelle di daino, perchè il colore ricorda quello del saio dei monaci.
In effetti la cosa non riuscì completamente perchè morì al tavolo dove consumava i pasti e, solo dopo, fu deposto su quel letto.
La stanza da letto di Gabriele d’Annunzio prende nome dalla favola mitologica della Leda che si accoppia con il Cigno. Tra i molti oggetti preziosi spicca una coperta persiana di seta stesa sul letto; è possibile poi ammirare il calco dello schiavo di Michelangelo; sul tavolino da notte i libri di Shakespeare, Dante, Stendhal, Verlaine, che D’Annunzio leggeva prima di dormire. La stanza, che non ha finestre per l’illuminazione diretta, prende luce dalla attigua veranda.
La stanza è così denominata dalla scritta, con rinvii petrarcheschi, su marmo verde, incorniciata sopra lo specchio: “Al visitatore: teco porti lo specchio di Narciso? Questo è piombato vetro, o mascheraio. Aggiusta le tue maschere al tuo viso ma pensa che sei vetro contro acciaio.”
Questa scritta è rivolta a tutti i visitatori, ma in particolare a Mussolini: fu infatti qui collocata in occasione della sua seconda visita al Vittoriale, nel maggio 1925. è evidente la vena polemica, ma, del resto, i contrasti tra il Duce e il Vate furono frequenti. In quell'occasione però, in un riservato colloquio "a tre occhi", come disse d'Annunzio, scherzando sulla sua menomazione fisica, fu definita la stampa mondadoriana dell'opera omnia finanziata dal regime. Alle pareti ci sono circa 900 volumi della biblioteca Thode, fra cui anche spartiti musicali. Sul tavolo si trova il Cavallo in bronzo di Elting, in spiccato stile déco. Il lampadario riprende la prediletta forma a cornucopia. In questa stanza sono anche collocati un grammofono e un apparecchio radiofonico: d'Annunzio amava ascoltare anche musica leggera, e non disdegnava il ballo; si conservano, fra l'altro, dischi di jazz, fox-trot, spirituals, e rhumba. Predilette da d'Annunzio erano le canzoni cantate da Joséphine Baker.
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