venerdì, febbraio 19, 2010

le radici della cucina italiana

Cosa mangiavano i romani

cap. II

All'epoca dei romani, macellare un bue equivaleva all'uccisione senza ragione di uno schiavo e chi uccideva veniva punito con la confisca di tutti i beni e con l'esilio, si poteva persino arrivare alla pena capitale, quindi fino ad epoca avanzata la fettina e la bistecca venivano categoricamente escluse.

Alla fine del II sec. a.C. queste proibizioni vennero rimosse, ma ormai i gusti dei romani erano formati e le carni da loro preferite restarono sempre quelle ovine e suine, più, naturalmente, quelle dei volatili da cortile che vediamo spesso citati dagli scrittori nelle descrizioni di cene semplici e campagnole . Comunque fino al III secolo a.C. anche queste carni furono consumate con moderazionee soltanto quando si faceva qualche sacrificio agli dei o in caso di un'occasione importante.

Erano tempi austeri, talmente austeri che Catone il Censore consigliava di consumare crude le verdure, perchè così uno poteva mangiarle inzuppandole in un po' di aceto, mentre quelle cotte dovevano venir condite con olio e questo, secondo lui, andava risparmiato.

Comunque Catone aveva un bel predicare: già alla sua epoca l'alimentazione cominciava a cambiare e non era più quella da lui raccomandata: le sue austere ricette venivano ancora praticate nelle campagne dove i costumi erano rimasti invariati e tali si conservarono sempre, ma in città molti stavano iniziando a spendere cifre sempre più consistenti per la buona tavola e il Censore si lamentava che si pagasse più per un pesce che per un bue acquistato per lavorare i campi, e che per un recipiente di pesce salato si spendesse di più che per un'ecatombe.

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L' "Epityrum" di Catone

"Fa in questo modo l'epityrum di olive bianche o nere.
Leva i noccioli sia dalle olive bianche che da quelle nere ed accomodale nella seguente maniera: tritale ed aggiungici olio, aceto, coriandolo, cumino, finocchio, ruta e menta.
Riponile in un orciolo e coprile bene con olio ed usale così condite"
(Catone, De agricultura, CXIX)

Nonostante quello che dice Catone le olive migliori per questa ricetta sono quelle nere e, meglio di tutte, quelle che in Sicilia vengono chiamate "passolone".
Si snocciolano 300 gr. di olive, si tritano con la mezzaluna o con il frullatore assieme ad un pizzico di semi di coriandolo (poco perche il sapore è molto deciso), cumino (cumino di prati, non Kummel), finocchiella selvatica, poca ruta (anche niente, se non si trova, il gusto non cambia in modo evidente).
Quando tutto sarà ben ridotto e sembrerà quasi un caviale, si condisce con un po' di aceto e olio. Si mischia bene e si ripone in un barattolo coprendolo d'olio.

1 commento:

Anna-Marina ha detto...

potresti andare a condurre la prova del cuoco!
Comunque: Catone il risparmiatore!!!