Carlina acaulis
Il nome del genere sembra derivare da Carlo Magno che, dice una leggenda, la usò per curare i suoi soldati durante una pestilenza nei pressi di Roma, su suggerimento di un angelo.
In altri testi si fa l'ipotesi che il nome derivi dalla parola carduncolos ( “piccolo cardo”) per la somiglianza con le piante del genere “Cardo”.
Le popolazioni rurali utilizzano questa pianta per le previsioni del tempo, infatti le squame del capolino
si aprono a stella con tempo secco e si chiudono con l'umido (comunque
si chiudono sempre dopo il tramonto del sole per riaprirsi al mattino
successivo). Questo probabilmente per proteggere il polline dalla pioggia. I capolini hanno forti caratteristiche igroscopiche.
Anticamente da queste piante si ricavava dell'acqua distillata a cui si attribuivano poteri afrodisiaci; mentre per alcune popolazioni (Sassoni)
rappresentavano degli amuleti contro le malattie. Inoltre veniva
coltivata dai monaci perché si pensava fosse un antidoto ai veleni. In
ambiente erboristico questa pianta viene anche chiamata radice di giunco.
In fitoterapia viene utilizzata la radice, raccolta in autunno ed essiccata al forno.
I suoi contenuti sono: olio essenziale, inulina, tannino e resina.
Nella medicina popolare la polvere di radice ha trovato impiego nella preparazione di tisane e vino medicato a cui venivano attribuite proprietà amaro-stomatiche, diuretiche, sudorifere e antifebbrili.
Il decotto è stato usato come detergente nell'acne, nell'eczemaed altre affezioni cutanee (piodermiti, dermatosi desquaminanti, ecc.)
In cucina la "carlina" viene chiamata anche "carciofo selvatico" perchè il ricettacolo del capolino floreale, lessato come i carciofi o crudo, è commestibile.
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